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Autore Bin Jip - FERRO 3 (La casa vuota)
Hawke84

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 5586
Da: Cavarzere (VE)
Inviato: 07-11-2004 22:27  
Può un film essere concepito in Giugno, entrare in produzione con un budget ridottissimo nei primi giorni di Agosto ed essere acclamato, meno di un mese dopo, da pubblico e critica ad uno dei più importanti festival cinematografici a livello mondiale? E ancora: può il semi-sconosciuto protagonista di questo film non proferire parola per tutti i 90 minuti della pellicola e risultare più profondo e poetico di un logorroico, ansimante Stefano Accorsi diretto da Placido? “Una sciocchezza” avrebbero pensato molti, “Una favola” avrebbero risposto altri…prima delle 22.00 di lunedì 6 settembre 2004.
Questa è la data e l’ora in cui è stato presentato alla 61 mostra d’arte cinematografica di Venezia 3-Iron ( titolo originale Bin Jip) di Kim Ki-duk.
Il regista coreano è ormai un classico mattatore da Festival europeo…ovunque va lascia il segno si può dire. Molti lo ricorderanno con The Isle nel 2000, sempre a Venezia, quando provocò svenimenti in sala di fronte ad atroci scene di autolesionismo, altri preferiscono ricordare il più recente orso d’argento a Berlino 2004 con Samaritan Girl o il suo primo vero successo di pubblico con Bad Guy .
Ma torniamo a Venezia 2004. Niente pugni sullo stomaco sta volta, basta con personaggi in circostanze estreme, stop con le tensioni grottesche e le pulsioni violente che sembravano contraddistinguere la sua produzione.
Si presenta qui in veste totalmente rinnovata ( anche se non dimentichiamo certamente Spring, summer, fall, winter…and Spring che già aveva anticipato un suo “addolcimento”), e si dedica ad argomenti, almeno superficialmente, più morbidi.
“Un regista che non ha paura della critica, ma di film senza vita”, è stato detto di lui. Niente di più vero. Quanta poesia, quanto amore, quanta dolcezza nascondono prima e liberano poi i protagonisti di Bin Jip.
Tae-Suk è un giovane di pochissime parole (anzi nessuna) che trascorre la sua esistenza passando di casa vuota in casa vuota a dorso della sua moto. Entra furtivo in queste case lasciate incustodite da gente lontana per affari o vacanze…si veste e si accomoda come se la casa fosse la sua, ma non è ladro è qualcosa di ben più nobile, più complesso. Prima di andarsene è ben attento a lasciare tutto come stava…anzi, lascia sempre qualcosa in più: ripara oggetti difettosi, lava la biancheria. Una sorta di tacito e sommesso atto di ringraziamento.
Ma che cosa va cercando questo giovane? Non lo sappiamo, forse nulla…o forse aspetta qualcuno, attende un incontro particolare che segni la sua vita.
Un giorno entra in una villa credendola vuota e trova invece quello che sarà il suo destino.
Una donna altrettanto taciturna con una vita tormentata da lasciare alle spalle e una nuova da agguantare al volo, senza esitazioni. E anche se la società e il mondo così come lo conosciamo non sembrano essere fatti per loro e per il loro amore…scopriremo ben presto quali altre strade siano possibili.
Non andrò oltre con il racconto della trama che è giusto debba essere scoperta e arricchita da ciascuno a modo proprio, né (ovviamente) vi accennerò alla conclusione, vi posso assicurare, tuttavia, che avrete a che fare con una delle più poetiche e commoventi (ri)soluzioni narrative della storia del cinema. Esagerazione? Tiratele voi le somme .
“Qualcuno arriva sempre dalla persona che aspetta…arriva di sicuro…dalla persona che aspetta…in questo giorno del 2004 qualcuno aprirà il lucchetto che blocca la mia porta e mi renderà libero. Avrò cieca fiducia in questa persona e la seguirò ovunque , non importa dove o cosa succederà…Verso un nuovo destino…Non è dato di sapere se il mondo in cui viviamo è sogno o realtà”. Questo scrive Ki-duk a proposito del suo film e non ci sono forse parole miglior per dipingerlo. Queste sembrano anche le parole proferite dalla dolce e indifesa protagonista Sun-hwa mentre attende nella sua lussuosa villa qualcuno che la liberi. Non sono parole apertamente e fisicamente pronunciate, rimangono velate nell’anima, inespresse. Solo una regia attenta, intima e abile a cogliere la recitazione introspettiva dei due giovani attori può rivelare misteriosamente a noi quelle parole non dette.
Iron -3 , titolo voluto da Ki-duk col quale sarà distribuito il film (tranne in Italia, ovviamente, dove lo troveremo come La casa vuota), è il nome della mazza da golf più costosa e meno utilizzata da chi gioca, metafora di una persona che vaga sola e abbandonata e allo stesso tempo simbolo di speranza e cambiamento (vedrete poi nel film l’uso che ne farà Tae-suk).
Un ultima curiosità: il film doveva essere musicato dal minimalista compositore inglese Michael Nyman (suo il cd che il protagonista inserisce nel lettore dello stereo in casa del fotografo) ma per motivi ignoti la collaborazione è saltata all’ultimo minuto.
Una delicata, romantica e affascinante poetica quindi, che conquista il pubblico con un sentimento misterioso di quiete e serenità. Un sentimento ben lontano dall’essere anche solo accennato nei sempre numerosi polpettoni americani (e non) che pretendono di spiegarci che cos’è l’amore servendosi di sceneggiature ridondanti, tanto ricamate nella forma quanto povere nel contenuto.



_________________
perchè l'italiano è sempre quello che va piano quando vede la macchina della polizia e appena passata corre oltre il limite.

[anthares]

[ Questo messaggio è stato modificato da: sandrix81 il 19-10-2006 alle 19:28 ]

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NancyKid
ex "CarbonKid"

Reg.: 04 Feb 2003
Messaggi: 6860
Da: PR (PR)
Inviato: 07-11-2004 22:37  
ottimo, appena posso ne scriverò anch'io. Non perdetevi questo film, esce nelle sale italiane a inizio Dicembre
_________________
eh?

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gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 07-11-2004 22:49  
A livello emotivo il film che mi ha entusiasmato di più negli ultimi dieci anni.
Poetico come pochi film, forse unico.
_________________
Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è

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gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 23-11-2004 12:53  
E' sempre lo stesso film ,non vi preoccupate, quello che ha fatto vincere a Kim Ki-duk(primavera, estate...) il premio per la regia a Venezia.
Un film bellissimo da gustare tutto d'un fiato (peccato che in Italia ci sia l'intervallo), che emoziona fino ad entrarti dentro. nel film c'è tutta l'abilità di un autore capace di comunicare semplicemnte grazie alle immagini, con un montaggipo perfetto e delle scelte di sceneggiatura daveero eccezionali.
L'amore come empatia, la solitudine come stato d'essere, ma non di stare. Purtroppo l'ho visto già da un paio di mesi, e non riesco a riprendere frangenti precisi per ricosctruire una metafora eccezionale che merita un approfondimneto maggiore.
Oserei dire capolavoro, ma poi Ilaria mi bacchetta. uno dei più bei film degli ultimi anni.
_________________
Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è

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Pythoniana

Reg.: 06 Lug 2004
Messaggi: 1257
Da: Gorizia (GO)
Inviato: 24-11-2004 02:42  
Se Ilaria ti bacchetta io ti faccio scudo.
Eccezionale, il + bel titolo visto a Venezia (non li ho visti tutti, ma una trentina sì).

Ne parlerei + diffusamente, ma aspetto di rivederlo.
_________________
"Riempi il tuo cranio di vino prima che si riempia di terra, disse Kayam." Nazim Hikmet

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fluosa

Reg.: 08 Mag 2004
Messaggi: 150
Da: Ravenna (RA)
Inviato: 25-11-2004 10:31  
A Venezia purtroppo me lo persi, quando esce nelle sale? Sempre che non sia già uscito e io non me ne sia accorta...

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zagofra


Reg.: 06 Ott 2004
Messaggi: 3492
Da: parabiago (MI)
Inviato: 25-11-2004 10:38  
quote:
In data 2004-11-23 12:53, gatsby scrive:

.....Un film bellissimo da gustare tutto d'un fiato (peccato che in Italia ci sia l'intervallo)....



Non è vero, in molti multisala da tempo fanno le proiezioni senza intervallo, non sempre è un bene, vedere il signore degli anelli tutto di fila ha creato alcuni "inconvenienti"
_________________
Le donne non sono mai quello che sembrano:
c'è una donna che vedi e una che si nasconde.

Uma Thurman

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NancyKid
ex "CarbonKid"

Reg.: 04 Feb 2003
Messaggi: 6860
Da: PR (PR)
Inviato: 28-11-2004 16:48  
Il nuovo film del regista koreano Kim Ku Duk arrivò all’ultimo Festival di Venezia proprio come un colpo di fulmine. Non era in programma, in effetti il direttore Marco Muller lo mise in cartellone come "film sorpresa". Già in patria Kim non è molto celebre, figuriamoci in Italia dove l’unico orientale che si possa definire “famoso” è un certo Takeshi Kitano, così nessuno sapeva a cosa andava incontro vedendo questo “film sorpresa”, nonostante alcuni abbiano sentito parlare del regista per il precedente Primavera, Estate, Autunno, Inverno, e ancora Primavera.
Quella sera è stata la più magica dell’ultimo Festival di Venezia, si è instaurato un magico rapporto tra il film ed il pubblico, la sala era circondata da un’aura di magnetismo inarrestabile che incollava cuore e mente degli spettatori con le immagini filmiche. Quella sera, il pubblico veneziano composto da critici e cinefili non erano in quella sala, o meglio, erano in quella sala ma solo fisicamente, spiritualmente eravamo tutti nella casa vuota.

La casa vuota del titolo è emblematica. Il protagonista Tae Suk è alla ricerca di case vuote dove passare le sue giornate, la protagonista Sun-Hwa invece, vive in una casa vuota (emotivamente vuota) e vuole fuggire.

Più che di casa vuota però, il tutto è più come solo “vuoto”, è evidente che Kim voglia focalizzare nell’indagine spirituale dei suoi 2 personaggi, entrambi con un vuoto interiore: uno vaga sempre da solo nelle strade come un vagabondo, l’altra sta con un uomo che non ama e si sente prigioniera. L’incontro tra i due colmerà il vuoto di entrambi.
E Kim non ha bisogno di intripparsi in discorsi come Woody Allen, né ha bisogno delle parole sciogli-cuori di Baz Luhrmann, anzi, non ha proprio bisogno delle parole, in quanto La casa vuota è un film che parla con le immagini.
I gesti dei personaggi, la loro espressività, e i loro sguardi comunicano più di un’intera sceneggiatura basata su dialoghi, la linea diretta comunicativa va dal cuore dell’opera al cuore dello spettatore in via spirituale emotiva.
Le immagini, accompagnate dalle dolci note della colonna sonora, catturano lo spettatore dentro il film e oltre, fino al metafilmico, tra sogno e fantasia.
Tra le poche battute presenti, un “Ti amo” struggente, pronunciato in un contesto di una dolcezza inimitabile e un’immagine fresca destinata a rimanere per sempre nella propria memoria cinematografica.
_________________
eh?

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Hawke84

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 5586
Da: Cavarzere (VE)
Inviato: 28-11-2004 22:44  
Ripesco la mia opinione .
- 5 giorni all'uscita!!

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vietcong

Reg.: 13 Ott 2003
Messaggi: 4111
Da: roma (RM)
Inviato: 03-12-2004 16:44  

(non so perché ho scritto ciò. a chi non vorrà leggere, tutta la mia comprensione)


L’altro giorno noto per strada il manifesto di Ferro 3 - la Casa Vuota, film che avevo già visto un paio di mesi fa (“Venezia a Roma”; titolo Bin-Jip credo), e quasi mi viene da piangere. Mai capitato di commuovermi di fronte a una locandina, ma il ricordo che ha fatto affiorare doveva proprio essere quello di un’esperienza sublime e liricamente intensa che, proprio per la distanza temporale, mi ha sopraffatto. Raramente uso certi termini, specialmente per film visti appena una volta, ma finché non lo rivedrò manterrò la prima impressione, ossia che l’ultimo di Kim-Ki-Duk è sublime. Inutile dire che da due mesi a questa parte dico a tutti di andarlo a vedere non appena esca, e per mia sorpresa eccolo già uscito (oggi)

Lo dico anche a voi: andatelo a vedere.
Giusto pensando a questo, ho avvertito una stranezza. Cosa se ne scriverà di questo film? Benché i due protagonisti non dicano mai nulla, c’è molto da dire su di esso. La solitudine, il bisogno d’amore, l’aridità e la violenza di una società che l’amore invece lo reprime e tende a separare gli individui… Temi che ho trovato già esposti in un paio di recensioni, e anche nell’intervista su Rep. di oggi a Kim Ki-Duk il quale per primo mi pare non cogliere nel segno.

Si possono fare decine di riflessioni pertinenti su Ferro3, ma la sua bellezza non ne sarà neppure sfiorata. Fenomeno normale certo, ma tanto più in un’opera come questa che tende alla purezza assoluta della poesia. Non si tratta, badate bene, di spiegare troppo o analizzare troppo: il film è oltretutto decisamente trasparente. Si tratta del più classico problema dell’intraducibilità della poesia, della perdita che si ha passando da un linguaggio (in questo caso cinematografico) a un altro che si ritrova improvvisamente impotente, emotivamente scarico. Con quali aggettivi descrivere una musica a chi non l’ha mai sentita?

(piccoli spoiler) Trovo che la parte più bella, e poetica, del film, sia quella finale, il meraviglioso apprendistato all’invisibilità del protagonista, e la sua messa in pratica come unico modo per continuare ad amare la ragazza. (senza nulla togliere a quello che è comunque il corpo del film, la serie di appartamenti vuoti occupati prima solo da lui e poi da entrambi). La presenza invisibile del ragazzo è una delle trovate più intense del cinema recente: più che metafora (che può essere spiegata e sciolta) essa è un eliotiano ‘correlativo oggettivo’, un’immagine densa e compressa che racchiude idee, sentimenti, emozioni –e altre cose che non hanno un nome. Un momento artistico di tale intensità che nessuna interpretazione può stargli dietro (non senza apparire pallida, sbiadita: non c’è confronto). Dallo schermo della sala direttamente all’immaginario cinematografico collettivo, senza passare dal via.

Insomma posso individuare, nominare, illustrare la bellezza di questo film, ma poche volte l’operazione mi pare tanto ridondante come in questo caso (sì, sto scrivendo tutta questa manfrina per elogiare il silenzio, i due protagonisti ci sono arrivati prima di me). Anche per questo sono curioso di sapere come si comporterà la ‘comunità interpretante’, se mi farà cambiare idea_
Benché il film si presti a innumerevoli e legittime riflessioni (Paolo d’Agostini parlava oggi di ‘pensare con il cinema’), credo che nessuna eloquenza potrebbe farmi piangere come la semplice visione della locandina. Forse perché la locandina, in quanto immagine, è già più vicina alla poesia del cinema.

_________________
La realtà è necessaria a rendere i sogni più sopportabili

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YamaJim


Reg.: 06 Mag 2004
Messaggi: 128
Da: RM (RM)
Inviato: 05-12-2004 13:43  
A 26 giorni dalla fine dell'anno,FERRO 3 è il miglior film che ho visto in questo 2004.
Grande lezione di cinema e di vita.


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Hawke84

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 5586
Da: Cavarzere (VE)
Inviato: 05-12-2004 13:56  
Chissà...forse per la prima volta della storia di FilmUp ci troveremo tutti d'accordo nello stesso topic..


_________________
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[anthares]

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coriander

Reg.: 23 Ott 2003
Messaggi: 98
Da: napoli (NA)
Inviato: 20-12-2004 22:43  
lo stile di kim ki duk può essere letto da due diversi punti di vista: le sue sono opere scarne, essenziali, un po' rozze e con quel che mi sembra essere una decisa tendenza al b-movie. le stesse caratteristiche, viste in positivo, gli consentono di distaccarsi dall'eccessivo estetismo ad effetto di molto cinema estremorientale.

ferro 3 è un film da vedere, e ,come "l'isola" e "primavera...", (ri)lascia dubbi e sensazioni che attecchiscono e chiedono d'essere valutati. più dei due citati, però, si regge sull'idea, come farebbe un buon cortometraggio, e sull'idea procede con pochi attori, pochissime parole, molti interni.

l'inizio ha sapore di deja vu, il protagonista che si intrufola in casa d'altri apportando minime variazioni all'ambiente ed agli oggetti, era già stata divertente idea di "hong kong express", poi svilita da "amelie".
comunque, il vivere case abbandonate (ed il riferimento al ferro 3, a quanto pare la mazza da golf meno adoperata) sembrerebbe (anche a sentire le parole del regista) un modo per cercare di sfuggire alla solitudine, ed in effetti è sull'amore fra due individui non dialoganti che si sviluppa in seguito il film. in realtà, però, lo sguardo non sembra mai sufficientemente quieto da dare una sensazione di pacificazione, al momento della visita nelle case. più che un riempimento indiretto della propria vita, quindi, il protagonista sembra instaurare rapporti con oggetti ed immobili, rapporti in realtà meccanici e poco soddisfacenti nel loro essere surrogato dell'umano, e nel loro mutismo specchio dell'ostentata afonìa del protagonista.

dall'incontro fra i due ragazzi le cose un po' cambiano, nel senso che le idee del regista sono un po' più personali, e soprattutto a spiazzare è il caratteristico tocco di sadismo, che sia incidentale oppure codificato e volontario.
e come un lungo cortometraggio il film riesce a procedere mantendo fino alla fine una grottesca ambiguità, ma anche dando la sensazione di seguire delle linee rigide, dei limiti espressivi, ricorrendo volontariamente ed un po' forzatamente ad una gamma espressiva limitata per dare incisività e carattere ad un'opera, tutto sommato, piuttosto fragile.

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millio

Reg.: 06 Gen 2005
Messaggi: 2394
Da: cagliari (CA)
Inviato: 09-01-2005 01:05  
Ho appena visto Ferro 3. E' raro trovare un film che offra tante emozioni e tutte insieme. Il protagonista è una delle figure più belle e interessanti degli ultimi anni e senza bisogno di proferire una sola parola. Le poche parole sono comunque una caratteristica del cinema di questo straordinario autore. Primavera, estate per lunghi tratti aveva solo il rumore della natura, il padre di Samaritan Girl parlava pochissimo, per non parlare poi del killer di bad Guy e del pittore di Real Fiction. E' la dimostrazione che per emozionare bastano le immagini e Kim è uno dei pochi registi in grado di farlo..

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lemona

Reg.: 07 Gen 2002
Messaggi: 819
Da: ferrara (FE)
Inviato: 09-01-2005 01:42  
quote:
In data 2004-11-07 22:27, Hawke84 scrive:
Può un film essere concepito in Giugno, entrare in produzione con un budget ridottissimo nei primi giorni di Agosto ed essere acclamato, meno di un mese dopo, da pubblico e critica ad uno dei più importanti festival cinematografici a livello mondiale? E ancora: può il semi-sconosciuto protagonista di questo film non proferire parola per tutti i 90 minuti della pellicola e risultare più profondo e poetico di un logorroico, ansimante Stefano Accorsi diretto da Placido? “Una sciocchezza” avrebbero pensato molti, “Una favola” avrebbero risposto altri…prima delle 22.00 di lunedì 6 settembre 2004.
Questa è la data e l’ora in cui è stato presentato alla 61 mostra d’arte cinematografica di Venezia 3-Iron ( titolo originale Bin Jip) di Kim Ki-duk.
Il regista coreano è ormai un classico mattatore da Festival europeo…ovunque va lascia il segno si può dire. Molti lo ricorderanno con The Isle nel 2000, sempre a Venezia, quando provocò svenimenti in sala di fronte ad atroci scene di autolesionismo, altri preferiscono ricordare il più recente orso d’argento a Berlino 2004 con Samaritan Girl o il suo primo vero successo di pubblico con Bad Guy .
Ma torniamo a Venezia 2004. Niente pugni sullo stomaco sta volta, basta con personaggi in circostanze estreme, stop con le tensioni grottesche e le pulsioni violente che sembravano contraddistinguere la sua produzione.
Si presenta qui in veste totalmente rinnovata ( anche se non dimentichiamo certamente Spring, summer, fall, winter…and Spring che già aveva anticipato un suo “addolcimento”), e si dedica ad argomenti, almeno superficialmente, più morbidi.
“Un regista che non ha paura della critica, ma di film senza vita”, è stato detto di lui. Niente di più vero. Quanta poesia, quanto amore, quanta dolcezza nascondono prima e liberano poi i protagonisti di Bin Jip.
Tae-Suk è un giovane di pochissime parole (anzi nessuna) che trascorre la sua esistenza passando di casa vuota in casa vuota a dorso della sua moto. Entra furtivo in queste case lasciate incustodite da gente lontana per affari o vacanze…si veste e si accomoda come se la casa fosse la sua, ma non è ladro è qualcosa di ben più nobile, più complesso. Prima di andarsene è ben attento a lasciare tutto come stava…anzi, lascia sempre qualcosa in più: ripara oggetti difettosi, lava la biancheria. Una sorta di tacito e sommesso atto di ringraziamento.
Ma che cosa va cercando questo giovane? Non lo sappiamo, forse nulla…o forse aspetta qualcuno, attende un incontro particolare che segni la sua vita.
Un giorno entra in una villa credendola vuota e trova invece quello che sarà il suo destino.
Una donna altrettanto taciturna con una vita tormentata da lasciare alle spalle e una nuova da agguantare al volo, senza esitazioni. E anche se la società e il mondo così come lo conosciamo non sembrano essere fatti per loro e per il loro amore…scopriremo ben presto quali altre strade siano possibili.
Non andrò oltre con il racconto della trama che è giusto debba essere scoperta e arricchita da ciascuno a modo proprio, né (ovviamente) vi accennerò alla conclusione, vi posso assicurare, tuttavia, che avrete a che fare con una delle più poetiche e commoventi (ri)soluzioni narrative della storia del cinema. Esagerazione? Tiratele voi le somme .
“Qualcuno arriva sempre dalla persona che aspetta…arriva di sicuro…dalla persona che aspetta…in questo giorno del 2004 qualcuno aprirà il lucchetto che blocca la mia porta e mi renderà libero. Avrò cieca fiducia in questa persona e la seguirò ovunque , non importa dove o cosa succederà…Verso un nuovo destino…Non è dato di sapere se il mondo in cui viviamo è sogno o realtà”. Questo scrive Ki-duk a proposito del suo film e non ci sono forse parole miglior per dipingerlo. Queste sembrano anche le parole proferite dalla dolce e indifesa protagonista Sun-hwa mentre attende nella sua lussuosa villa qualcuno che la liberi. Non sono parole apertamente e fisicamente pronunciate, rimangono velate nell’anima, inespresse. Solo una regia attenta, intima e abile a cogliere la recitazione introspettiva dei due giovani attori può rivelare misteriosamente a noi quelle parole non dette.
Iron -3 , titolo voluto da Ki-duk col quale sarà distribuito il film (tranne in Italia, ovviamente, dove lo troveremo come La casa vuota), è il nome della mazza da golf più costosa e meno utilizzata da chi gioca, metafora di una persona che vaga sola e abbandonata e allo stesso tempo simbolo di speranza e cambiamento (vedrete poi nel film l’uso che ne farà Tae-suk).
Un ultima curiosità: il film doveva essere musicato dal minimalista compositore inglese Michael Nyman (suo il cd che il protagonista inserisce nel lettore dello stereo in casa del fotografo) ma per motivi ignoti la collaborazione è saltata all’ultimo minuto.
Una delicata, romantica e affascinante poetica quindi, che conquista il pubblico con un sentimento misterioso di quiete e serenità. Un sentimento ben lontano dall’essere anche solo accennato nei sempre numerosi polpettoni americani (e non) che pretendono di spiegarci che cos’è l’amore servendosi di sceneggiature ridondanti, tanto ricamate nella forma quanto povere nel contenuto.




parole, parole.. uno che l'ha gia visto quanto ritiene utile questa tua filippica pseudo intelluetualoide .. dove l'hai copiata?

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